Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza 2018 - 2020

COMUNE DI VIVARO ROMANO

 

CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA CAPITALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza

2018 - 2020

(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, articolo 1, commi 8 e 9 della legge 60 novembre 2012 numero 190)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte I

 Introduzione generale

 


1. Premessa

La legge 6 novembre 2012 numero 190, nota come “legge anticorruzione” o “legge Severino”, reca le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

La legge è in vigore dal 28 novembre 2012.

Il contesto nel quale le iniziative e le strategie di contrasto alla corruzione sono adottate è quello disegnato dalle norme nazionali ed internazionali in materia.

Si segnala, in particolare, la Convenzione dell’Organizzazione della Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’O.N.U. il 31 ottobre 2013 con la risoluzione numero 58/4.

Convenzione sottoscritta dallo Stato italiano il 9 dicembre 2013 e ratificata il 3 agosto 2009 con la legge numero 116.

La Convenzione O.N.U. del 2003 prevede che ogni Stato (articolo 5):

- elabori ed applichi politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate;

- si adoperi al fine di attuare e promuovere efficaci pratiche di prevenzione;

- verifichi periodicamente l’adeguatezza di tali misure;  

- collabori con altri Stati e organizzazioni regionali ed internazionali per la promozione e messa a punto delle misure anticorruzione.

La Convenzione O.N.U. prevede che ogni Stato debba individuare uno o più organi, a seconda delle necessità, incaricati di prevenire la corruzione e, se necessario, la supervisione ed il coordinamento di tale applicazione e l’accrescimento e la diffusione delle relative conoscenze (articolo 6).

In tema di contrasto alla corruzione, grande rilievo assumono anche le misure contenute nelle linee guida e nelle convenzioni che l’OECD, il Consiglio d’Europa con il GR.E.C.O. (Groupe d’Etats Contre la Corruptione) e l’Unione Europea riservano alla materia e che vanno nella medesima direzione indicata dall’O.N.U.:

implementare la capacità degli Stati membri nella lotta alla corruzione, monitorando la loro conformità agli standard anticorruzione ed individuando le carenze politiche nazionali[1].  

 

 


2. Il concetto di corruzione ed i principali attori del sistema

La legge 190/2012 non fornisce la definizione del concetto di corruzione cui si riferisce.

Il codice penale prevede tre fattispecie.

L’articolo 318 punisce la “corruzione per l'esercizio della funzione” e dispone che:

il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceva, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetti la promessa, sia punito con la reclusione da uno a sei anni.

L’articolo 319 del Codice penale sanziona la “corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio”:

il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni”.

Infine, l’articolo 319-ter colpisce la “corruzione in atti giudiziari”:

Se i fatti indicati negli articolo 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.

Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni”. 

Fin dalla prima applicazione della legge 190/2012 è risultato chiaro che il concetto di corruzione, cui intendeva riferirsi il legislatore, non poteva essere circoscritto alle sole fattispecie “tecnico-giuridiche” di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter del Codice penale.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con la Circolare numero 1 del 25 gennaio 2013 che ha fornito una prima chiave di lettura della normativa, ha spiegato che  il concetto di corruzione della legge 190/2012 comprende tutte le situazioni in cui, nel corso dell'attività amministrativa, si riscontri l'abuso da parte d’un soggetto pubblico del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.

Secondo il Dipartimento della Funzione Pubblica, la legge 190/2012 estende la nozione di corruzione a:

tutti i delitti contro la pubblica amministrazione, sanzionati dal Titolo II Capo I del Codice penale

ogni situazione in cui, a prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza un malfunzionamento dell'amministrazione a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite.

Il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) approvato l’11 settembre 2013 (ANAC deliberazione n. 72/2013) ha ulteriormente specificato il concetto di corruzione da applicarsi in attuazione della legge 190/2012, ampliandone ulteriormente la portata rispetto all’interpretazione del Dipartimento della Funzione Pubblica.

“Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, C.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui – a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo”.

Con la legge 190/2012, lo Stato italiano ha individuato gli organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare un’azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

La strategia nazionale di prevenzione della corruzione è attuata mediante l'azione sinergica delle seguenti istituzioni:

- l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che svolge funzioni di raccordo con le altre autorità ed esercita poteri di vigilanza e controllo dell'efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni, nonché del rispetto della normativa in materia di trasparenza (art. 1, commi 2 e 3, legge 190/2012);

- la Corte di conti, che partecipa ordinariamente all'attività di prevenzione attraverso le sue funzioni di controllo;

- il Comitato interministeriale, istituito con il DPCM 16 gennaio 2013, che elabora linee di indirizzo e direttive (art. 1, comma 4, legge 190/2012);

- la Conferenza unificata Stato, Regioni e Autonomie Locali, chiamata ad individuare adempimenti e termini per l'attuazione della legge e dei decreti attuativi da parte di regioni, province autonome, enti locali, enti pubblici e soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo (art. 1, commi 60 e 61, legge 190/2012);

- i Prefetti della Repubblica che forniscono supporto tecnico e informativo, facoltativo, agli enti locali (art. 1 co. 6 legge 190/2012);

- la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA) che predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle amministrazioni statali (art. 1 co. 11 legge 190/2012);

- le pubbliche amministrazioni che attuano ed implementano le misure previste dalla legge e dal Piano Nazionale Anticorruzione (art. 1 legge 190/2012) anche attraverso l'azione del proprio Responsabile delle prevenzione della corruzione;

- gli enti pubblici economici ed i soggetti di diritto privato in controllo pubblico, responsabili anch’essi dell'introduzione ed implementazione delle misure previste dalla legge e dal Piano Nazionale Anticorruzione (art. 1 legge 190/2012).

Secondo l’impostazione iniziale della legge 190/2012, all’attività di prevenzione contrasto alla corruzione partecipava anche il Dipartimento della Funzione Pubblica.

Il comma 5 dell’articolo 19 del DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014) ha trasferito all’Autorità nazionale tutte le competenze in materia di anticorruzione già assegnate dalla legge 190/2012 al Dipartimento della Funzione Pubblica.

 

 


3. L’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)

La legge 190/2012 inizialmente aveva assegnato i compiti di autorità anticorruzione alla Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (CiVIT).

La CiVIT era stata istituita dal legislatore, attraverso il decreto legislativo 150/2009, per svolgere prioritariamente funzioni di valutazione della “perfomance” delle pubbliche amministrazioni.

Successivamente la denominazione della CiVIT è stata sostituita con quella di Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

L’articolo 19 del DL 90/2014 (convertito con modificazioni dalla legge 114/2014), ha soppresso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e ne ha trasferito compiti e funzioni all'Autorità nazionale anticorruzione.

La mission dell’ANAC può essere “individuata nella prevenzione della corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate anche mediante l’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali, nonché mediante l’attività di vigilanza nell’ambito dei contratti pubblici, degli incarichi e comunque in ogni settore della pubblica amministrazione che potenzialmente possa sviluppare fenomeni corruttivi, evitando nel contempo di aggravare i procedimenti con ricadute negative sui cittadini e sulle imprese, orientando i comportamenti e le attività degli impiegati pubblici, con interventi in sede consultiva e di regolazione.

La chiave dell’attività della nuova ANAC, nella visione attualmente espressa è quella di vigilare per prevenire la corruzione creando una rete di collaborazione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e al contempo aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, riducendo i controlli formali, che comportano tra l’altro appesantimenti procedurali e di fatto aumentano i costi della pubblica amministrazione senza creare valore per i cittadini e per le imprese[2]”.

La legge 190/2012 ha attribuito alla Autorità nazionale anticorruzione lo svolgimento di numerosi compiti e funzioni.

L’ANAC:

  1. collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;
  2. approva il Piano nazionale anticorruzione (PNA);
  3. analizza le cause e i fattori della corruzione e definisce gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto;
  4. esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;
  5. esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 165/2001, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dalla legge 190/2012;  
  6. esercita vigilanza e controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dalla legge 190/2012  e dalle altre disposizioni vigenti;
  7. riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

A norma dell’articolo 19 comma 5 del DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014), l’Autorità nazionale anticorruzione, in aggiunta ai compiti di cui sopra:

  1. riceve notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001;
  2. riceve notizie e segnalazioni da ciascun avvocato dello Stato che venga a conoscenza di violazioni di disposizioni di legge o di regolamento o di altre anomalie o irregolarità relative ai contratti che rientrano nella disciplina del Codice di cui al d.lgs. 163/2006;
  3. salvo che il fatto costituisca reato, applica, nel rispetto delle norme previste dalla legge 689/1981, una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000 e non superiore nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l'adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento.

Secondo l’impostazione iniziale della legge 190/2012, all’attività di contrasto alla corruzione partecipava anche il Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il comma 5 dell’articolo 19 del DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014) ha trasferito all’ANAC tutte le competenze in materia di anticorruzione già assegnate al Dipartimento della Funzione Pubblica.

Ad oggi, pertanto, è l’ANAC che, secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito con DPCM 16 gennaio 2013:

a)      coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b)      promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

c)      predispone il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

d)     definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;

e)      definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni.

In ogni caso, si rammenta che lo strumento che ha consentito agli operatori di interpretare la legge 190/2012 immediatamente dopo la sua pubblicazione rimane la Circolare numero 1 del 25 gennaio 2013 proprio del Dipartimento della Funzione Pubblica (“legge n. 190 del 2012 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”).

 

 


4. I soggetti obbligati

L’ambito soggettivo d’applicazione delle disposizioni in materia di trasparenza e di  prevenzione della corruzione è stato ampliato dal decreto legislativo 97/2016, il cd. “Freedom of Information Act” (o più brevemente “Foia”).

Le modifiche introdotte dal Foia hanno delineato un ambito di applicazione della disciplina della trasparenza diverso, e più ampio, rispetto a quello che individua i soggetti tenuti ad applicare le misure di prevenzione della corruzione.

Questi ultimi sono distinti tra soggetti tenuti ad approvare il PTPC e soggetti che possono limitarsi ad assumere misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 231/2001. 

Il nuovo articolo 2-bis del decreto delegato 33/2013 (articolo aggiunto proprio dal decreto legislativo 97/2016) individua tre categorie di soggetti obbligati:

  1. le pubbliche amministrazioni (articolo 2-bis comma 1);
  2. altri soggetti, tra i quali enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo ed enti di diritto privato (articolo 2-bis comma 2);
  3. altre società a partecipazione pubblica ed enti di diritto privato (articolo 2-bis comma 3).

La disciplina in materia di anticorruzione e trasparenza si applica integralmente alle pubbliche amministrazioni, come notoriamente definite dall’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 165/2001, comprese “le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione”.

Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di approvare i piani triennali di prevenzione della corruzione, provvedendo annualmente all’aggiornamento dei medesimi, per i quali il PNA costituisce atto di indirizzo.

 


5. Il responsabile della prevenzione della corruzione e per la trasparenza (RPCT)

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e per la trasparenza del Comune di Vivaro Romano è il Segretario Comunale.

Il Responsabile è stato nominato con decreto del sindaco numero 1 del 11.01.2017.

La figura del responsabile anticorruzione è stata oggetto di significative modifiche introdotte dal legislatore del decreto legislativo 97/2016.

La rinnovata disciplina:

1) ha riunito in un solo soggetto, l’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (acronimo: RPCT);

2) ne ha rafforzato il ruolo, prevedendo che ad esso siano riconosciuti poteri idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico con autonomia ed effettività.

Inoltre, l’articolo 6 comma 5 del DM 25 settembre 2015, di “Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l’individuazione di operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione”, secondo una condivisibile logica di continuità fra i presidi di anticorruzione e antiriciclaggio, prevede che nelle pubbliche amministrazioni il soggetto designato come “gestore” delle segnalazioni di operazioni sospette possa coincidere con il responsabile anticorruzione.

Il nuovo comma 7, dell’articolo 1, della legge 190/2012 prevede che l’organo di indirizzo individui, “di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio”, il responsabile anticorruzione e della trasparenza. 

Per gli enti locali è rimasta la previsione che la scelta ricada, “di norma”, sul segretario.

Il titolare del potere di nomina del responsabile della prevenzione della corruzione va individuato nel sindaco quale organo di indirizzo politico-amministrativo, salvo che il singolo comune, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, attribuisca detta funzione alla giunta o al consiglio” (ANAC, FAQ anticorruzione, n. 3.4).

Il decreto 97/2016:

  1. ha attribuito al responsabile il potere di segnalare all’ufficio disciplinare i dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza;
  2. ha stabilito il dovere del responsabile di denunciare all’organo di indirizzo e all’OIV “le disfunzioni inerenti all’attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza”.

La necessità di rafforzare il ruolo e la struttura di supporto del responsabile discende anche dalle ulteriori e rilevanti competenze in materia di “accesso civico” attribuite sempre al responsabile anticorruzione dal decreto Foia. Riguardo all’“accesso civico”, il responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza:

  1. ha facoltà di chiedere agli uffici informazioni sull’esito delle domande di accesso civico;
  2. per espressa disposizione normativa, si occupa dei casi di “riesame” delle domande rigettate (articolo 5 comma 7 del decreto legislativo 33/2013).   

Il comma 9, lettera c) dell’articolo 1 della legge 190/2012, impone, attraverso il PTPC, la previsione di obblighi di informazione nei confronti del responsabile anticorruzione che vigila sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.

È imprescindibile, dunque, un forte coinvolgimento dell’intera struttura in tutte le fasi di predisposizione e di attuazione delle misure anticorruzione.

Il PNA 2016 sottolinea che l’articolo 8 del DPR 62/2013 impone un “dovere di collaborazione” dei dipendenti nei confronti del responsabile anticorruzione, la cui violazione è sanzionabile disciplinarmente.

Dalle modifiche apportate dal decreto legislativo 97/2016 emerge chiaramente che il responsabile deve avere la possibilità di incidere effettivamente all’interno dell’amministrazione e che alle sue responsabilità si affiancano quelle dei soggetti che, in base al PTPC, sono responsabili dell’attuazione delle misure di prevenzione.

Dal decreto 97/2016 risulta anche l’intento di creare maggiore comunicazione tra le attività del responsabile anticorruzione e quelle dell’OIV, al fine di sviluppare una sinergia tra gli obiettivi di performance organizzativa e l’attuazione delle misure di prevenzione.

A tal fine, la norma prevede:

  1. la facoltà all’OIV di richiedere al responsabile anticorruzione informazioni e documenti per lo svolgimento dell’attività di controllo di sua competenza;
  2. che il responsabile trasmetta anche all’OIV la sua relazione annuale recante i risultati dell’attività svolta.

Le modifiche normative, apportate dal legislatore del Foia, hanno precisato che nel  caso di ripetute violazioni del PTPC sussista la responsabilità dirigenziale e per omesso controllo, sul piano disciplinare, se il responsabile anticorruzione non è in grado di provare “di aver comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalità” e di aver vigilato sull’osservanza del PTPC.

 

 

5.1. I compiti del RPCT

Il responsabile per la prevenzione della corruzione svolge i compiti, le funzioni e riveste i “ruoli” seguenti:

  1. elabora e propone all’organo di indirizzo politico, per l’approvazione, il Piano triennale di prevenzione della corruzione (articolo  1 comma 8 legge 190/2012);
  2. verifica l'efficace attuazione e l’idoneità del piano anticorruzione (articolo 1 comma 10 lettera a) legge 190/2012);
  3. comunica agli uffici le misure anticorruzione e per la trasparenza adottate (attraverso il PTPC) e le relative modalità applicative e vigila sull'osservanza del piano (articolo 1 comma 14 legge 190/2012);
  4. propone le necessarie modifiche del PTCP, qualora intervengano mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione, ovvero a seguito di significative violazioni delle prescrizioni del piano stesso (articolo 1 comma 10 lettera a) legge 190/2012);
  5. definisce le procedure per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori di attività particolarmente esposti alla corruzione (articolo  1 comma 8 legge 190/2012);
  6. individua il personale da inserire nei programmi di formazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, la quale predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell'etica e della legalità (articolo 1 commi 10, lettera c), e 11 legge 190/2012);
  7. d'intesa con il dirigente competente, verifica l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici che svolgono attività per le quali è più elevato il rischio di malaffare (articolo 1 comma 10 lettera b) della legge 190/2012), fermo il comma 221 della  legge 208/2015 che prevede quanto segue: “(…) non trovano applicazione le disposizioni adottate ai sensi dell'articolo 1 comma 5 della legge 190/2012, ove la dimensione dell'ente risulti incompatibile con la rotazione dell'incarico dirigenziale”;
  8. riferisce sull’attività svolta all’organo di indirizzo, nei casi in cui lo stesso organo di indirizzo politico lo richieda, o qualora sia il responsabile anticorruzione a ritenerlo opportuno (articolo 1 comma 14 legge 190/2012);
  9. entro il 15 dicembre di ogni anno, trasmette all’OIV e all’organo di indirizzo una relazione recante i risultati dell’attività svolta, pubblicata nel sito web dell’amministrazione; 
  10. trasmette all’OIV informazioni e documenti quando richiesti dallo stesso organo di controllo (articolo 1 comma 8-bis legge 190/2012);
  11. segnala all'organo di indirizzo e all'OIV le eventuali disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza (articolo 1 comma 7 legge 190/2012);
  12. indica agli uffici disciplinari i dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza (articolo 1 comma 7 legge 190/2012);
  13. segnala all’ANAC le eventuali misure discriminatorie, dirette o indirette, assunte nei suoi confronti “per motivi collegati, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni” (articolo 1 comma 7 legge 190/2012);
  14. quando richiesto, riferisce all’ANAC in merito allo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e per la trasparenza (PNA 2016, paragrafo 5.3, pagina 23); 
  15. quale responsabile per la trasparenza, svolge un'attività di controllo sull'adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate (articolo 43 comma 1 del decreto legislativo 33/2013).
  16. quale responsabile per la trasparenza, segnala all'organo di indirizzo politico, all'OIV, all'ANAC e, nei casi più gravi, all'ufficio disciplinare i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione (articolo 43 commi 1 e 5 del decreto legislativo 33/2013); 
  17. al fine di assicurare l’effettivo inserimento dei dati nell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), il responsabile anticorruzione è tenuto a sollecitare l’individuazione del soggetto preposto all’iscrizione e all’aggiornamento dei dati e a indicarne il nome all’interno del PTPC (PNA 2016 paragrafo 5.2 pagina 21);
  18. può essere designato quale soggetto preposto all’iscrizione e all’aggiornamento dei dati nell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA) (PNA 2016 paragrafo 5.2 pagina 22);
  19. può essere designato quale “gestore” delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette ai sensi del DM 25 settembre 2015 (PNA 2016 paragrafo 5.2 pagina 17).

 

 

6. Il Piano nazionale anticorruzione (PNA)

L’Autorità nazionale anticorruzione elabora ed approva il Piano nazionale anticorruzione (PNA).

Il primo Piano nazionale anticorruzione è stato approvato dall’Autorità l’11 settembre 2013 con la deliberazione numero 72.

Il 28 ottobre 2015 l’Autorità ha approvato la determinazione numero 12 di aggiornamento, per il 2015, del PNA.

L’Autorità ha provveduto ad aggiornare il PNA del 2013 per tre fondamentali ragioni:

  1. in primo luogo, l’aggiornamento è stato imposto dalle novelle normative intervenute successivamente all’approvazione del PNA; in particolare, il riferimento è al DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014) il cui articolo 19 comma 5 ha trasferito all’ANAC tutte le competenze in materia di anticorruzione già assegnate dalla legge 190/2012 al Dipartimento della Funzione Pubblica;
  2. la determinazione n. 12/2015 è pure conseguente ai risultati dell’analisi del campione di 1911 piani anticorruzione 2015-2017 svolta dall’Autorità; secondo ANAC “la qualità dei PTPC è generalmente insoddisfacente”;
  3. infine, l’aggiornamento del PNA si è reso necessario per consentire all’Autorità di fornire risposte unitarie alle richieste di chiarimenti inoltrate dai professionisti delle pubbliche amministrazioni, nello specifico i responsabili anticorruzione.    

Il 3 agosto l’ANAC ha approvato il nuovo Piano nazionale anticorruzione 2016 con la deliberazione numero 831.

L’articolo 41, comma 1 lettera b), del decreto legislativo 97/2016, ha stabilito che il PNA costituisca “un atto di indirizzo” al quale i soggetti obbligati devono uniformare i loro piani triennali di prevenzione della corruzione.

Il PNA 2016, approvato dall’ANAC con la deliberazione 831/2016, ha un’impostazione assai diversa rispetto al piano del 2013. Infatti, l’Autorità ha deciso di svolgere solo “approfondimenti su temi specifici senza soffermarsi su tutti quelli già trattati in precedenza”.

Pertanto:

  1. resta ferma l’impostazione relativa alla gestione del rischio elaborata nel PNA 2013, integrato dall’Aggiornamento 2015, anche con riferimento alla distinzione tra misure organizzative generali e specifiche e alle loro caratteristiche; 
  2. in ogni caso, quanto indicato dall’ANAC nell’Aggiornamento 2015 al PNA 2013, sia per la parte generale che per quella speciale, è da intendersi integrativo anche del PNA 2016.

Ciò premesso, il PNA 2016 approfondisce:

  1. l’ambito soggettivo d’applicazione della disciplina anticorruzione;
  2. la misura della rotazione, che nel PNA 2016 trova una più compiuta disciplina;
  3. la tutela del dipendente che segnala illeciti (cd. whistleblower) su cui l’Autorità ha adottato apposite Linee guida ed alle quali il PNA rinvia; 
  4. la trasparenza, oggetto di innovazioni apportate dal decreto 97/2016, per la quale vengono forniti nuovi indirizzi interpretativi, salvo il rinvio a successive Linee guida
  5. i codici di comportamento e le altre misure generali, oggetto di orientamenti dell’ANAC successivi all’adozione del PNA 2013, per i quali l’Autorità, pur confermando l’impostazione generale, si riserva di intervenire anche ai fini di un maggior coordinamento.

Al paragrafo 6 del PNA 2016 (pagina 23), l’ANAC scrive che “partendo dalla considerazione che gli strumenti previsti dalla normativa anticorruzione richiedono un impegno costante anche in termini di comprensione effettiva della loro portata da parte delle amministrazioni per produrre gli effetti sperati, l’Autorità in questa fase ha deciso di confermare le indicazione già date con il PNA 2013 e con l’Aggiornamento 2015 al PNA per quel che concerne la metodologia di analisi e valutazione dei rischi”.

Pertanto, riguardo alla “gestione del rischio” di corruzione, che rappresenta il contenuto principale del PNA e dei piani anticorruzione locali, l’Autorità ha preferito confermare l’impianto fissato nel 2013.

La gestione del rischio si sviluppa nelle fasi seguenti:

  1. identificazione del rischio: consiste nel ricercare, individuare e descrivere i “rischi di corruzione” e richiede che per ciascuna attività, processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi;
  2. analisi del rischio: in questa fase sono stimate le probabilità che il rischio si concretizzi (probabilità) e sono pesate le conseguenze che ciò produrrebbe (impatto); 
  3. ponderazione del rischio: dopo aver determinato il livello di rischio di ciascun processo o attività si procede alla “ponderazione” che consiste nella formulazione di una sorta di graduatoria dei rischi sulla base del parametro numerico “livello di rischio” (valore della probabilità per valore dell’impatto);
  4. trattamento: il processo di “gestione del rischio” si conclude con il “trattamento”, che  consiste nell’individuare delle misure per neutralizzare, o almeno ridurre, il rischio di corruzione.

Confermato l’impianto del 2013, l’ANAC ribadisce quanto già precisato a proposito delle caratteristiche delle misure di prevenzione in sede di aggiornamento 2015: queste devono essere adeguatamente progettate, sostenibili e verificabili. È inoltre necessario individuare i soggetti attuatori, le modalità di attuazione, di monitoraggio e i relativi termini.

L’ANAC, inoltre, rammenta che “alcune semplificazioni, per i comuni di piccole dimensioni, sono possibili grazie al supporto tecnico e informativo delle Prefetture in termini di analisi dei dati del contesto esterno”.

Con Delibera n. 1208 del 22 novembre 2017, l’ANAC ha provveduto ad approvare l’Aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione, con approfondimenti dedicati a:

  • -  le Autorità di Sistema Portuale
  • -  la Gestione dei Commissari Straordinari nominati dal Governo
  • -  le Istituzioni universitarie. 

 


7. Il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC)

La legge 190/2012 impone l’approvazione del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC).

Il Responsabile anticorruzione e per la trasparenza propone all’organo di indirizzo politico lo schema di PTPC che deve essere approvato ogni anno entro il 31 gennaio.

L'attività di elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti esterni  all'amministrazione.

Il PNA 2016 precisa che “gli organi di indirizzo nelle amministrazioni e negli enti dispongono di competenze rilevanti nel processo di individuazione delle misure di prevenzione della corruzione” quali la nomina del responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza e l’approvazione del piano.

Per gli enti locali, la norma precisa che “il piano è approvato dalla giunta” (articolo 41 comma 1 lettera g) del decreto legislativo 97/2016).

Il comma 8 dell’articolo 1 della legge 190/2012 (rinnovato dal Foia) prevede che l'organo di indirizzo definisca gli “obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione” che costituiscono “contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico gestionale e del PTPC”.

Il decreto legislativo 97/2016 ha attribuito al PTPC “un valore programmatico ancora più incisivo”. Il PTPC, infatti, deve necessariamente elencare gli obiettivi strategici per il contrasto alla corruzione fissati dall’organo di indirizzo.

Conseguentemente, l’elaborazione del piano non può prescindere dal diretto coinvolgimento del vertice delle amministrazioni per ciò che concerne la determinazione delle finalità da perseguire. Decisione che è “elemento essenziale e indefettibile del piano stesso e dei documenti di programmazione strategico gestionale”.

Pertanto, L’ANAC, approvando la deliberazione n. 831/2016, raccomanda proprio agli organi di indirizzo di prestare “particolare attenzione alla individuazione di detti obiettivi nella logica di una effettiva e consapevole partecipazione alla costruzione del sistema di prevenzione”.

Tra gli obiettivi strategici, degno di menzione è certamente “la promozione di maggiori livelli di trasparenza” da tradursi nella definizione di “obiettivi organizzativi e individuali” (articolo 10 comma 3 del decreto legislativo 33/2013).

Come già precisato, la legge anticorruzione, modificata dal decreto legislativo 97/2016, dispone che l’organo di indirizzo definisca “gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, che costituiscono contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico gestionale e del piano triennale per la prevenzione della corruzione”.

Pertanto, secondo l’ANAC (PNA 2016 pag. 44), gli obiettivi del PTPC devono essere necessariamente coordinati con quelli fissati da altri documenti di programmazione dei comuni quali:

  1. il piano della performance;
  2. il documento unico di programmazione (DUP).

In particolare, riguardo al DUP, il PNA 2016 “propone” che tra gli obiettivi strategico  operativi di tale strumento “vengano inseriti quelli relativi alle misure di prevenzione della corruzione previsti nel PTPC al fine di migliorare la coerenza programmatica e l’efficacia operativa degli strumenti”.

L’Autorità, come prima indicazione operativa in sede di PNA 2016, propone “di inserire nel DUP quantomeno gli indirizzi strategici sulla prevenzione della corruzione e sulla promozione della trasparenza ed i relativi indicatori di performance”.

 


7.1. Il processo di approvazione del PTCP

Come già precisato, il Responsabile anticorruzione e per la trasparenza propone all’organo di indirizzo politico lo schema di PTPC che deve essere approvato ogni anno entro il 31 gennaio.

Negli enti locali, il piano è approvato dalla giunta” (articolo 41 comma 1 lettera g) del decreto legislativo 97/2016).

Il PNA 2016 raccomanda di “curare la partecipazione degli stakeholder nella elaborazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione”.

Ciò deve avvenire anche “attraverso comunicati mirati, in una logica di sensibilizzazione dei cittadini alla cultura della legalità”.

A tal proposito si segnala che il RPCT ha provveduto alla pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente e nella sezione “Amministrazione Trasparente” l’Avviso con il quale si invitavano stakeholder a far pervenire osservazioni e/o suggerimenti da apportare al nuovo Piano 2018-2020.

Il nuovo comma 8 dell’articolo 1 della legge 190/2012, prevede che il PTPC debba essere trasmesso all’ANAC.

Al riguardo il PNA 2016 (pagina 15) precisa che, “in attesa della predisposizione di un’apposita piattaforma informatica”, in una logica di semplificazione non deve essere trasmesso alcun documento. L’adempimento è assolto con la sola pubblicazione del PTPC sul sito istituzionale, in “Amministrazione trasparente”, “Altri contenuti”, “Corruzione”.

I piani e le loro modifiche o aggiornamenti devono rimanere pubblicati sul sito unitamente a quelli degli anni precedenti.

 

7.2. La tutela dei whistleblower

L’Autorità nazionale anticorruzione il 28 aprile 2015 ha approvato, dopo un periodo di “consultazione pubblica”,  le “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala  illeciti (c.d. whistleblower)” (determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, pubblicata il 6 maggio 2015).

La tutela del whistleblower è un dovere di tutte le amministrazioni pubbliche le quali, a tal fine, devono assumere “concrete misure di tutela del dipendente” da specificare nel Piano triennale di prevenzione della corruzione.

La legge 190/2012 ha aggiunto al d.lgs. 165/2001 l’articolo 54-bis. 

La norma prevede che il pubblico dipendente che denunci all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'ANAC, ovvero riferisca al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non possa “essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”.

L’articolo 54-bis delinea una “protezione generale ed astratta” che, secondo ANAC, deve essere completata con concrete misure di tutela del dipendente. Tutela che, in ogni caso, deve essere assicurata da tutti i soggetti che ricevono la segnalazione.

Il Piano nazione anticorruzione prevede, tra azioni e misure generali per la prevenzione della corruzione e, in particolare, fra quelle obbligatorie, che le amministrazioni pubbliche debbano tutelare il dipendente che segnala condotte illecite.

Il PNA impone alle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 1 co. 2 del d.lgs. 165/2001, l’assunzione dei “necessari accorgimenti tecnici per dare attuazione alla tutela del dipendente che effettua le segnalazioni”.

Le misure di tutela del whistleblower devono essere implementate, “con tempestività”, attraverso il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC).

L’articolo 54-bis del d.lgs. 165/2001, inoltre, è stato integrato dal DL 90/2014 (convertito dalla legge 114/2014):

l’art. 31 del DL 90/2014 ha individuato l’ANAC quale soggetto destinatario delle segnalazioni;

mentre l’art. 19 co. 5 del DL 90/2014  ha stabilito che l’ANAC riceva “notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001”.

I soggetti tutelati sono, specificamente, i “dipendenti pubblici” che, in ragione del proprio rapporto di lavoro, siano venuti a conoscenza di condotte illecite.

Le segnalazioni meritevoli di tutela riguardano condotte illecite riferibili a:

tutti i delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del Codice penale;

le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui  venga in evidenza un mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo e ciò a prescindere dalla rilevanza penale.

A titolo meramente esemplificativo:

casi di sprechi, nepotismo, demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro.

Le condotte illecite devono riguardare situazioni di cui il soggetto sia venuto direttamente a conoscenza “in ragione del rapporto di lavoro”. In pratica, tutto quanto si è appreso in virtù dell’ufficio rivestito, nonché quelle notizie che siano state acquisite in occasione o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, seppure in modo casuale.

Considerato lo spirito della norma, che consiste nell’incentivare la collaborazione di chi lavora nelle amministrazioni per l’emersione dei fenomeni illeciti, ad avviso dell’ANAC non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo avvenimento dei fatti denunciati e dell’autore degli stessi.

E’ sufficiente che il dipendente, in base alle proprie conoscenze, ritenga “altamente probabile che si sia verificato un fatto illecito” nel senso sopra indicato.

Il dipendente whistleblower è tutelato da “misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia” e tenuto esente da conseguenze disciplinari.

La norma intende proteggere il dipendente che, per via della propria segnalazione, rischi di vedere compromesse le proprie condizioni di lavoro.

L’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 fissa un limite alla predetta tutela nei “casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile”.

La tutela del whistleblower trova applicazione quando il comportamento del dipendente segnalante non perfezioni le ipotesi di reato di calunnia o diffamazione.

Il dipendente deve essere “in buona fede”. Conseguentemente la tutela viene meno quando la segnalazione riguardi informazioni false, rese colposamente o dolosamente.

Tuttavia, la norma è assai lacunosa in merito all’individuazione del momento in cui cessa la garanzia della tutela.

L’art. 54-bis riporta un generico riferimento alle responsabilità penali per calunnia o diffamazione o a quella civile extracontrattuale, il che presuppone che tali responsabilità vengano accertate in sede giudiziale.

L’ANAC, consapevole dell’evidente lacuna normativa,  ritiene che “solo in presenza di una sentenza di primo grado sfavorevole al segnalante cessino le condizioni di tutela” riservate allo stesso.

 

 

8. La trasparenza

Il 14 marzo 2013, in esecuzione alla delega contenuta nella legge 190/2012 (articolo 1 commi 35 e 36), il Governo ha approvato il decreto legislativo 33/2013 di “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Il “Freedom of Information Act” del 2016 (d.lgs. numero 97/2016) ha modificato in parte la legge “anticorruzione” e, soprattutto, la quasi totalità degli articoli e degli  istituiti del “decreto trasparenza”.

Persino il titolo di questa norma è stato modificato in “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Nella versione originale il decreto 33/2013 si poneva quale oggetto e fine la “trasparenza della PA” (l’azione era dell’amministrazione), mentre il Foia ha spostato il baricentro della normativa a favore del “cittadino” e del suo diritto di accesso civico (l’azione è del cittadino).  

E’ la libertà di accesso civico dei cittadinil’oggetto del decreto ed il suo fine principale, libertà che viene assicurata, seppur nel rispetto “dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”, attraverso:

  1. l’istituto dell'accesso civico, estremamente potenziato rispetto alla prima versione del decreto legislativo 33/2013;
  1. 2.      la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni.

In ogni caso, la trasparenza dell’azione amministrativa rimane la misura cardine dell’intero impianto anticorruzione delineato dal legislatore della legge 190/2012. 

L’articolo 1 del d.lgs. 33/2013, rinnovato dal d.lgs. 97/2016 (Foia) prevede:

La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.”.

Secondo l’ANAC “la trasparenza è una misura di estremo rilievo e fondamentale per la prevenzione della corruzione”.

Nel PNA 2016, l’Autorità ricorda che la definizione delle misure organizzative per l’attuazione effettiva degli obblighi di trasparenza sia parte irrinunciabile del PTPC.

In conseguenza della cancellazione del programma triennale per la trasparenza e l’integrità, ad opera del decreto legislativo 97/2016, l’individuazione delle modalità di attuazione della trasparenza sarà parte integrante del PTPC in una “apposita sezione”.

Questa contiene le soluzioni organizzative per assicurare l’adempimento degli obblighi di pubblicazione di dati ed informazioni, nonché la designazione di responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei dati.

Il decreto 97/2016 persegue tra l’altro “l’importante obiettivo di razionalizzare gli obblighi di pubblicazione vigenti mediante la concentrazione e la riduzione degli oneri gravanti sulle amministrazioni”.

Sono misure di razionalizzazione quelle introdotte all’articolo 3 del decreto 33/2016:

  1. la prima consente di pubblicare informazioni riassuntive, elaborate per aggregazione, in sostituzione della pubblicazione integrale (l’ANAC ha il compito di individuare i dati oggetto di pubblicazione riassuntiva); 
  2. la seconda consente all’Autorità, proprio attraverso il PNA, di modulare gli obblighi di pubblicazione in ragione della natura dei soggetti, della  dimensione organizzativa e delle attività svolte “prevedendo, in particolare, modalità semplificate per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti”, nonché per ordini e collegi professionali.

Il PNA 2016 si occupa dei “piccoli comuni” nella “parte speciale” (da pagina 38) dedicata agli “approfondimenti”. In tali paragrafi del PNA, l’Autorità, invita le amministrazioni ad avvalersi delle “gestioni associate”: unioni e convenzioni. 

A questi due modelli possiamo aggiungere i generici “accordi” normati dall’articolo 15 della legge 241/1990 visto l’esplicito riferimento inserito nel nuovo comma 6 dell’articolo 1 della legge 190/2012 dal decreto delegato 97/2016:

I comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti possono aggregarsi per definire in comune, tramite accordi ai sensi dell'articolo 15 della legge 241/1990, il piano triennale per la prevenzione della corruzione, secondo le indicazioni contenute nel Piano nazionale anticorruzione”. 

Quindi ribadisce che “si ritiene di dover far leva sul ricorso a unioni di comuni e a convenzioni, oltre che ad accordi […] per stabilire modalità operative semplificate, sia per la predisposizione del PTPC sia per la nomina del RPCT”.

Secondo il PNA 2016 (pagina 40), in caso d’unione, si può prevedere un unico PTPC distinguendo tra: funzioni trasferite all’unione; funzioni rimaste in capo ai comuni.


8.1. Il nuovo accesso civico

L’istituto dell’accesso civico è stato introdotto nell’ordinamento dall’articolo 5 del decreto legislativo 33/2013.

Secondo l’articolo 5, all’obbligo di pubblicare in “amministrazione trasparenza”  documenti, informazioni e dati corrisponde “il diritto di chiunque” di richiederegli stessi documenti, informazioni e datinel caso ne sia stata omessa la pubblicazione.

La richiesta non doveva essere necessariamente motivata e chiunque poteva avanzarla.

L'amministrazione disponeva di trenta giorni per procedere alla pubblicazione del documento o del dato richiesto. Contestualmente alla pubblicazione, lo trasmetteva al richiedente, oppure gli indicava il collegamento ipertestuale a quanto richiesto.

In caso di ritardo o mancata risposta, il richiedente poteva ricorrere al titolare del potere sostitutivo (articolo 2, comma 9-bis, legge 241/1990).

Il decreto legislativo 97/2016 ha confermato l’istituto. Il comma 1 del rinnovato articolo 5 prevede:

“L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione”.

Quindi, il comma 2, dello stesso articolo 5, potenzia enormemente l’istituto:

Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle   funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione” obbligatoria ai sensi del decreto 33/2013.

La norma, pertanto, conferma per ogni cittadino il libero accesso ai dati ed ai documenti elencati dal decreto legislativo 33/2013, ed oggetto di pubblicazione obbligatoria, ed estende l’accesso civico ad ogni altro dato e documento (“ulteriore”) rispetto a quelli da pubblicare in “amministrazione trasparente”.

In sostanza, l’accesso civico potenziato investe ogni documento, ogni dato ed ogni informazione delle pubbliche amministrazioni.

L’accesso civico potenziato incontra quale unico limite “la tutela di interessi giuridicamente rilevanti” secondo la disciplina del nuovo articolo 5-bis che esamineremo in seguito.

L’accesso civico, come in precedenza, non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente: spetta a chiunque.

La domanda di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti, ma non richiede motivazione alcuna.  

L'istanza può essere trasmessa anche per via telematica ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:

  1. all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;
  2. all’ufficio relazioni con il pubblico;
  3. ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”.

Qualora la domanda abbia ad oggetto dati, informazioni o documenti da pubblicare  obbligatoriamente, è indirizzata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

Fatto salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione “per la riproduzione su supporti materiali”, il rilascio di dati o documenti, in formato elettronico o cartaceo, in esecuzione dell’accesso civico è gratuito. 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte II

Il Piano anticorruzione

 


 

 

 

1.Analisi del contesto e soggetti coinvolti

Il Comune di Vivaro Romano si estende su una superficie di 12,54 Kmq. La popolazione residente al 31.12.2017 è pari a 163 abitanti.

Il territorio comunale è prevalentemente montano e caratterizzato da una popolazione essenzialmente costituita da lavoratori pendolari verso la Città Metropolitana di Roma.

La struttura organizzativa del Comune di Vivaro Romano si articola in 3 Settori: Settore Affari Generali, Settore Affari economici finanziari, Settore Assetto e gestione del territorio.

Al 31 dicembre 2017, il personale in servizio presso l’Ente a tempo indeterminato è pari a 4 unità. Si precisa che, al momento della predisposizione del presente Piano, non risulta ancora completato il processo di aggregazione del Comune di Vivaro Romano con altri Enti per l’esercizio associato delle funzioni fondamentali.

I soggetti a vario titolo coinvolti nella strategia di prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune di  Vivaro Romano sono:

 

-          L’autorità di indirizzo politico

In particolare compete al Sindaco la nomina del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

La Giunta comunale adotta il Piano Triennale della prevenzione della Corruzione e i suoi aggiornamenti.

L’autorità di indirizzo politico, inoltre, adotta tutti gli atti di indirizzo di carattere generale, che siano direttamente o indirettamente finalizzati alla prevenzione della corruzione.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della Trasparenza (RPCT)

Come già segnalato, nel Comune di Vivaro Romano il Segretario Comunale è stato nominato RPCT.

 

-          I Referenti per la prevenzione della corruzione

Come evidenziato dall’ANAC nella determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015, l’individuazione di eventuali “referenti” non è opportuna nelle strutture meno complesse nelle quali il successo del PTPCT e delle sue misure è affidato alla diretta interlocuzione tra il RPCT e i responsabili degli uffici.

In particolare i responsabili Area/Settore fungono da tramite tra l’ufficio di riferimento e il Responsabile della prevenzione della corruzione e svolgono un’attività di controllo su comportamenti e condotte che presentano una criticità sul piano della corruzione.

I Responsabili di Area/Settore collaborano con l’RPCT per l’applicazione puntuale del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza.

E’ compito dei Responsabili:

concorrere alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti appartenenti al rispettivo Settore;

fornire le informazioni richieste per l’individuazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione;

formulare specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo.

adempiere agli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente ed in particolare dal D.Lgs. n. 33 del 2013;

garantire l'integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l'omogeneità, la facile accessibilità, la provenienza e la riutilizzabilità delle informazioni pubblicate;

controllano e assicurano la regolare attuazione dell'accesso civico con il RPCT ( art. 43, co. 4 del D.Lgs. 33/2013)

 

-          l’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV)

Presso il Comune di Vivaro Romano è istituito L’Organismo Indipendente di Valutazione. Questo, in conformità alle disposizione di legge, riveste un ruolo importante nel sistema di gestione della performance e della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, svolgendo i compiti previsti dall’art. 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Valida la relazione sulle performance, di cui all’art. 10 del d.lgs. 150/2009, dove sono riportati i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati e alle risorse; propone all’organo di indirizzo la valutazione dei responsabili dei servizi; promuove e attesta l’assolvimento degli obblighi di trasparenza (art. 14, co. 1, lett. g), d.lgs. 150/2009).

La connessione fra gli obiettivi di performance e le misure di trasparenza ha trovato conferma nel d.lgs. 33/2013, ove si è affermato che la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione (art. 10). Il nucleo interno di valutazione è tenuto a verificare la coerenza tra gli obiettivi di trasparenza e quelli indicati nel piano della performance, utilizzando altresì i dati relativi all’attuazione degli obblighi di trasparenza ai fini della valutazione delle performance (art. 44). L’attività di controllo sull’adempimento degli obblighi di pubblicazione, posta in capo al RPCT, è svolta con il coinvolgimento dell’OIV, al quale il RPCT segnala i casi di mancato o ritardato adempimento (art. 43). Resta fermo il compito degli OIV concernente l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di trasparenza, previsto dal d.lgs. 150/2009.

Esprime parere obbligatorio sul codice di comportamento che ogni amministrazione adotta ai sensi dell’art. 54, co. 5, d.lgs. 165/2001.

Le modifiche che il d.lgs. 97/2016 ha apportato alla l. 190/2012 rafforzano le funzioni già affidate agli OIV in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza dal d.lgs. 33/2013, anche in una logica di coordinamento con il RPCT e di relazione con l’ANAC.

In linea con quanto già disposto dall’art. 44 del d.lgs. 33/2013, detti organismi, anche ai fini della validazione della relazione sulla performance, verificano che i PTPCT siano coerenti con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico-gestionale e, altresì, che nella misurazione e valutazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’anticorruzione e alla trasparenza.

In rapporto agli obiettivi inerenti la prevenzione della corruzione e la trasparenza l’OIV verifica i contenuti della relazione recante i risultati dell’attività svolta che il RPCT predispone e trasmette all’OIV, oltre che all’organo di indirizzo, ai sensi dell’art. 1, co. 14, della l. 190/2012. Nell’ambito di tale verifica l’OIV ha la possibilità di chiedere al RPCT informazioni e documenti che ritiene necessari ed effettuare audizioni di dipendenti (art. 1, co. 8-bis, l. 190/2012).

Nell’ambito dei poteri di vigilanza e controllo attribuiti all’ANAC, l’Autorità si riserva di chiedere informazioni tanto all’OIV quanto al RPCT in merito allo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e trasparenza (art. 1, co. 8-bis, l. 190/2012), anche tenuto conto che l’OIV riceve dal RPCT le segnalazioni riguardanti eventuali disfunzioni inerenti l’attuazione dei PTPC (art. 1, co. 7, l. 190/2012).

Ciò in linea di continuità con quanto già disposto dall’art. 45, co. 2, del d.lgs. 33/2013, ove è prevista la possibilità per l’ANAC di coinvolgere l’OIV per acquisire ulteriori informazioni sul controllo dell’esatto adempimento degli obblighi di trasparenza.

 

-          L’ufficio per i procedimenti disciplinari

L’ufficio per i procedimenti disciplinari:

- svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito della propria competenza (art. 55 bis d.lgs. 165 del 2001);

- provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria (art. 20 D.P.R. n. 3 del 1957; art. 1, comma 3, l. n. 20 del 1994; art. 331 c.p.p.);

- propone l’aggiornamento del Codice di comportamento.

L’Ufficio per i procedimenti disciplinari presso il Comune di Vivaro Romano è individuato nella figura del Segretario comunale.

 

-          I dipendenti dell’amministrazione

Tutti i dipendenti:

- partecipano al processo di gestione del rischio;

- osservano le misure contenute nel P.T.P.C.T. ;

- osservano le prescrizioni contenute nel Codice di comportamento;

- segnalano le situazioni di illecito al proprio Responsabile di Area o Settore; segnalano casi di personale conflitto di interessi. 

 

I collaboratori a qualsiasi titolo dell’amministrazione

I collaboratori a qualsiasi titolo dell’amministrazione:

- osservano le misure contenute nel P.T.P.C.T. ;

- osservano le prescrizioni contenute nel Codice di comportamento

- segnalano le situazioni di illecito.

 

2.OBIETTIVI DEL PIANO

In coerenza con le direttive contenute nel P.N.A., il P.T.P.C.T. del Comune di Vivaro Romano intende perseguire tre macro obiettivi:

1.         ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;

2.         aumentare la capacità dell’amministrazione di prevenire casi di corruzione;

3.         creare un contesto sfavorevole alla corruzione attraverso l’applicazione dei principi di etica, integrità e trasparenza.

Con delibera di Giunta Comunale n. 10 del 30.01.2017 sono stati formulati gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza costituenti contenuto necessario del PTPC  per il triennio 2017/2019 che si riportano di seguito:

  1. ampliamento della partecipazione alla strategia di prevenzione della corruzione, mediante specifiche attività di coinvolgimento degli organi politici e della società civile;
  2. integrazione delle misure di trasparenza già contenute nel Piano della trasparenza ed integrità, puntando sull’implementazione di processi automatizzati  di pubblicazione degli atti, mantenendo specifici obiettivi di performance connessi all’assolvimento e tempestività di specifici obblighi di pubblicazione;
  3. mappatura dei processi afferenti ad aree di rischio non rilevate nel Piano 2017-2019, provvedendo all’individuazione dei relativi processi nei quali si rileva una maggiore probabilità del verificarsi di eventi rischiosi, definendo, a seguire, il relativo  “trattamento del rischio” con l’individuazione di specifiche misure;
  4. aggiornamento delle azioni relative al monitoraggio, con l’indicazione delle azioni, dei tempi, dei ruoli e delle informazioni da rendere al responsabile della prevenzione della corruzione e attuazione ed integrazionedel sistema del monitoraggio;

 

Tali obiettivi strategici (PNA 2016 pag. 44) saranno necessariamente coordinati con quelli fissati da altri documenti di programmazione dei comuni quali:

 

E.        1. il piano della performance;

F.         2. il documento unico di programmazione (DUP).

 

 

 3         PROCESSO DI ADOZIONE DEL P.T.P.C.T.

Il presente P.T.P.C.T. è stato predisposto dal Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Vivaro Romano, nominato con decreto del Sindaco n. 1 del 11.01.2017, nella persona del Segretario comunale, Dott. Filippo Carusi.

Il processo di adozione del Piano è stato avviato con la pubblicazione, il 23.01.2018, di un avviso pubblico di consultazione per l’aggiornamento del PTPC, ai fini dell’acquisizione di osservazioni e proposte da parte delle organizzazioni sindacali presenti all’interno dell’amministrazione nonché delle associazioni rappresentative degli utenti e delle associazioni ed organizzazioni rappresentative di particolari interessi e dei soggetti che fruiscono delle attività e dei servizi prestati dall’Ente (attori esterni) .

Il PNA 2016, infatti, raccomanda di “curare la partecipazione degli stakeholder nella elaborazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione”. Ciò deve avvenire anche “attraverso comunicati mirati, in una logica di sensibilizzazione dei cittadini alla cultura della legalità”. Si è registrata l’assoluta mancanza di partecipazione da parte dei cittadini e dei portatori di interesse alla procedura di consultazione pubblica per l’aggiornamento del Piano indetta attraverso avviso pubblicato sul sito istituzionale.

Alla predisposizione del presente aggiornamento al P.T.P.C., per il periodo 2018 - 2020, hanno partecipato i Responsabili di Settore dell’Ente nel corso di incontri con il Segretario comunale e con il coordinamento di quest’ultimo.

Il P.T.P.C. è stato approvato con deliberazione di Giunta comunale n. 19 del 31.01.2017.

Il Piano, in base a quanto previsto dal nuovo comma 8 dell’articolo 1 della L. 190/2012, deve essere trasmesso all’ANAC. Al riguardo il PNA 2016 (pagina 15) ha precisato che, “in attesa della predisposizione di un’apposita piattaforma informatica”, in una logica di semplificazione non deve essere trasmesso alcun documento. L’adempimento è assolto con la sola pubblicazione del PTPC sul sito istituzionale, in “Amministrazione trasparente”, “Altri contenuti”.

Il Piano potrà essere modificato anche in corso d'anno, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione, allorché siano state accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengano rilevanti mutamenti organizzativi o modifiche in ordine all'attività dell'amministrazione.

Il P.T.P.C. dovrà essere aggiornato ogni anno, tenuto conto dei seguenti fattori:

  • normative sopravvenute che impongono ulteriori adempimenti;
  • normative sopravvenute che modifichino le finalità istituzionali dell’amministrazione;
  • emersione di rischi non considerati in fase di predisposizione del P.T.P.C.;
  • nuovi indirizzi o direttive contenuti nel P.N.A.

Il Piano sarà pubblicato sul sito istituzionale, link dalla homepage “amministrazione trasparente” nella sezione ventitreesima “altri contenuti”, a tempo indeterminato sino a revoca o sostituzione con un Piano aggiornato.

 

  1. Mappatura dei processi

La mappatura dei processi è un modo razionale di individuare e rappresentare tutte le principali attività dell'ente. La mappatura ha carattere strumentale a fini dell'identificazione, della valutazione e del trattamento dei rischi corruttivi.

L’ANAC, con la determinazione n. 12 del 2015, ha previsto che il Piano triennale di prevenzione della corruzione dia atto dell’effettivo svolgimento della mappatura dei processi (pagina 18).

In ogni caso, secondo l’Autorità, “in condizioni di particolare difficoltà organizzativa, adeguatamente motivata la mappatura dei processi può essere realizzata al massimo entro il 2017”.

Al riguardo si segnala che nel Piano 2017-2019 erano stati mappati n. 69 processi, cui corrispondevano altrettante schede di valutazione del rischio. Con il Piano 2018-2020 si è provveduto alla mappatura di altri 7 processi, che investono le attività di Pratiche Anagrafiche, Gestione Registri Stato Civile e Protocollo Informatico.

 

In allegato, chi legge può trovare le schede di valutazione del rischio di tutte le attività analizzate.

 

  1. Gestione del rischio

Indicazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, "aree di rischio"

Per ogni ripartizione organizzativa dell’ente, sono ritenute “aree di rischio”, quali attività a più elevato rischio di corruzione, le singole attività, i processi ed i procedimenti riconducibili alle macro AREE seguenti:

 

AREA A:

acquisizione e progressione del personale:

concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale e per la progressione in carriera.

AREA B:

affidamento di lavori servizi e forniture:

procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi, forniture.

AREA C:

provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario:

autorizzazioni e concessioni.

AREA D:

provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario:

concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati.

AREA E (Specifica per i comuni):

provvedimenti di pianificazione urbanistica generale ed attuativa;

permessi di costruire ordinari, in deroga e convenzionati;

accertamento e controlli sugli abusi edilizi, controlli sull’uso del territorio;

gestione del reticolo idrico minore;

gestione dell’attività di levata dei protesti cambiari;

gestione del processo di irrogazione delle sanzioni per violazione del CDS e vigilanza sulla circolazione e la sosta;

gestione ordinaria delle entrate e delle spese di bilancio;

accertamenti e verifiche dei tributi locali, accertamenti con adesione dei tributi locali;

incentivi economici al personale (produttività individuale e retribuzioni di risultato);

gestione della raccolta, dello smaltimento e del riciclo dei rifiuti[3];

protocollo e archivio, pratiche anagrafiche, sepolture e tombe d famiglia, gestione della leva, gestione dell’elettorato;

patrocini ed  eventi;

diritto allo studio;

organi, rappresentanti e atti amministrativi;

segnalazioni e reclami;

affidamenti in house.

Provvedimenti amministrativi vincolati nell'an; provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi vincolati nell'an e a contenuto vincolato; provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale; provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an; provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an e nel contenuto.

Il risultato di tale fase è stata la elaborazione di un catalogo di processi, per la cui dettagliata analisi si rinvia all’allegato A al presente Piano.

 

 

  1. Metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio

La valutazione del rischio è svolta per ciascuna attività, processo o fase di processo mappati. La valutazione prevede l’identificazione, l'analisi e la ponderazione del rischio.

 

A)  L'identificazione del rischio

Consiste nel ricercare, individuare e descrivere i “rischi di corruzione” intesa nella più ampia accezione della legge 190/2012.

Richiede che, per ciascuna attività, processo o fase, siano evidenziati i possibili rischi di corruzione.

Questi sono fatti emergere considerando il contesto esterno ed interno all'amministrazione, anche con riferimento alle specifiche posizioni organizzative presenti all'interno dell'amministrazione.

I rischi sono identificati:

attraverso la consultazione ed il confronto tra i soggetti coinvolti, tenendo presenti le specificità dell’ente, di ciascun processo e del livello organizzativo in cui il processo si colloca;

valutando i passati procedimenti giudiziari e disciplinari che hanno interessato l'amministrazione;

applicando i criteri descritti nell’Allegato 5 del PNA: discrezionalità,   rilevanza esterna, complessità del processo, valore economico, razionalità del processo, controlli, impatto economico, impatto organizzativo, economico e di immagine.

 

B)   L'analisi del rischio

In questa fase sono stimate le probabilità che il rischio si concretizzi (probabilità) e sono pesate le conseguenze che ciò produrrebbe (impatto).

Al termine, è calcolato il livello di rischio moltiplicando “probabilità” per “impatto”.

L’Allegato 5 del PNA suggerisce metodologia e criteri per stimare probabilità e impatto e, quindi, per valutare il livello di rischio.

Secondo l’ANAC “con riferimento alla misurazione e valutazione del livello di esposizione al rischio, si evidenzia che le indicazioni contenute nel PNA, come ivi precisato, non sono strettamente vincolanti potendo l'amministrazione scegliere criteri diversi purché adeguati al fine” (ANAC determinazione n. 12/2015).

Fermo restando quanto previsto nel PNA, è di sicura utilità considerare per l'analisi del rischio anche l'individuazione e la comprensione delle cause degli eventi rischiosi, cioè delle circostanze che favoriscono il verificarsi dell'evento.

Tali cause possono essere, per ogni rischio, molteplici e combinarsi tra loro.

Ad esempio, tenuto naturalmente conto che gli eventi si verificano in presenza di pressioni volte al condizionamento improprio della cura dell'interesse generale:

  1. mancanza di controlli: in fase di analisi andrà verificato se presso l'amministrazione siano già stati predisposti, ma soprattutto efficacemente attuati, strumenti di controllo relativi agli eventi rischiosi;
  2. mancanza di trasparenza;
  3. eccessiva regolamentazione, complessità e scarsa chiarezza della normativa di riferimento;
  4. esercizio prolungato ed esclusivo della responsabilità di un processo da parte di pochi o di un unico soggetto;
  5. scarsa responsabilizzazione interna;
  6. inadeguatezza o assenza di competenze del personale addetto ai processi;
  7. inadeguata diffusione della cultura della legalità;
  8. mancata attuazione del principio di distinzione tra politica e amministrazione.

 

b.1 Stima del valore della probabilità che il rischio si concretizzi

Secondo l’Allegato 5 del PNA del 2013, criteri e valori (o pesi, o punteggi) per stimare la "probabilità" che la corruzione si concretizzi sono i seguenti:

discrezionalità: più è elevata, maggiore è la probabilità di rischio (valori da 0 a 5);

rilevanza esterna: nessuna valore 2; se il risultato si rivolge a terzi valore 5;

complessità del processo: se il processo coinvolge più amministrazioni il valore aumenta (da 1 a 5);

valore economico: se il processo attribuisce vantaggi a soggetti terzi, la probabilità aumenta (valore da 1 a 5);

frazionabilità del processo: se il risultato finale può essere raggiunto anche attraverso una pluralità di operazioni di entità economica ridotta, la probabilità sale (valori da 1 a 5);

controlli: (valori da 1 a 5) la stima della probabilità tiene conto del sistema dei controlli vigente. Per controllo si intende qualunque strumento utilizzato che sia utile per ridurre la probabilità del rischio.

Quindi, sia il controllo preventivo che successivo di legittimità e il controllo di gestione, sia altri meccanismi di controllo utilizzati.

La media finale rappresenta la “stima della probabilità”.

 

b.2 Stima del valore dell’impatto

L'impatto si misura in termini di impatto economico, organizzativo, reputazionale e sull’immagine.

l’Allegato 5 del PNA, propone criteri e valori (punteggi o pesi) da utilizzare per stimare “l’impatto”, quindi le conseguenze, di potenziali episodi di malaffare. 

Impatto organizzativo: tanto maggiore è la percentuale di personale impiegato nel processo/attività esaminati, rispetto al personale complessivo dell’unità organizzativa, tanto maggiore sarà “l’impatto” (fino al 20% del personale=1; 100% del personale=5).

Impatto economico: se negli ultimi cinque anni sono intervenute sentenze di condanna della Corte dei Conti o sentenze di risarcimento per danni alla PA a carico di dipendenti, punti 5. In caso contrario, punti 1.

Impatto reputazionale: se negli ultimi cinque anni sono stati pubblicati su giornali (o sui media in genere) articoli aventi ad oggetto episodi di malaffare che hanno interessato la PA, fino ad un massimo di 5 punti per le pubblicazioni nazionali. Altrimenti punti 0.

Impatto sull’immagine: dipende dalla posizione gerarchica ricoperta dal soggetto esposto al rischio. Tanto più è elevata, tanto maggiore è l’indice (da 1 a 5 punti). 

Attribuiti i punteggi per ognuna della quattro voci di cui sopra, la media finale misura la “stima dell’impatto”.

L’analisi del rischio si conclude moltiplicando tra loro valore della probabilità e valore dell'impatto per ottenere il valore complessivo, che esprime il livello di rischio del processo.

C) La ponderazione del rischio

Dopo aver determinato il livello di rischio di ciascun processo o attività si procede alla  “ponderazione”.

In pratica la formulazione di una sorta di graduatoria dei rischi sulla base del parametro numerico “livello di rischio”.

I singoli rischi ed i relativi processi sono inseriti in una “classifica del livello di rischio”.

Le fasi di processo o i processi per i quali siano emersi i più elevati livelli di rischio identificano le aree di rischio, che rappresentano le attività più sensibili ai fini della prevenzione.

Per il dettaglio dei processi “mappati” e dei relativi “pesi” ad essi attribuiti ai fini della ponderazione del rischio si rimanda alle 69 schede allegate al presente documento.

 

D) Il trattamento

Il processo di “gestione del rischio” si conclude con il “trattamento”.

Il trattamento consiste nel procedimento “per modificare il rischio”. In concreto, individuare delle misure per neutralizzare o almeno ridurre il rischio di corruzione.

Il responsabile della prevenzione della corruzione deve stabilire le “priorità di trattamento” in base al livello di rischio, all’obbligatorietà della misura ed all’impatto organizzativo e finanziario delle misura stessa.

Il PTPC può/deve contenere e prevedere l'implementazione anche di misure di carattere trasversale, come:

  1. la trasparenza, che come già precisato costituisce oggetto del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità quale “sezione” del PTPC; gli adempimenti per la trasparenza possono essere misure obbligatorie o ulteriori; le misure ulteriori di trasparenza sono indicate nel PTTI, come definito dalla delibera CIVIT 50/2013;
  2. l'informatizzazione dei processi che consente, per tutte le attività dell'amministrazione, la tracciabilità dello sviluppo del processo e riduce quindi il rischio di "blocchi" non controllabili con emersione delle responsabilità per ciascuna fase;
  3. l'accesso telematico a dati, documenti e procedimenti e il riutilizzo di dati, documenti e procedimenti che consente l'apertura dell'amministrazione verso l'esterno e, quindi, la diffusione del patrimonio pubblico e il controllo sull'attività da parte dell'utenza;
  4. il monitoraggio sul rispetto dei termini procedimentali per far emergere eventuali omissioni o ritardi che possono essere sintomo di fenomeni corruttivi.

 

L’intero processo di Gestione del Rischio, per chiarezza di lettura, è stato riepilogato in un’unica tabella, riportata nell’allegato A.

 

Nel documento sopra richiamato si è voluto pertanto rappresentare, in un quadro d’insieme, i risultati ottenuti dalla mappatura dei processi - con i relativi livelli di rischiosità - e le conseguenti misure da adottare per mitigare il rischio del verificarsi di fenomeni corruttivi.

 

 

  1. 7.      MISURE OBBLIGATORIE

Di seguito si procede alla rappresentazione delle Misure Obbligatorie, dedicando l’intera Parte III del presente documento alla misura della Trasparenza.

Al fine di neutralizzare o ridurre il livello di rischio, debbono essere individuate e valutate le misure di prevenzione. Queste, si distinguono in:

obbligatorie;

ulteriori.

Non ci sono possibilità di scelta circa le misure obbligatorie, che debbono essere attuate necessariamente nell'amministrazione.

Esse sono:

-          Trasparenza;

-          Codice di Comportamento dell’Ente;

-          Rotazione del personale addetto alle aree a rischio corruzione;

-          Astensione in caso di conflitto di interesse;

-          Disciplina delle autorizzazioni allo svolgimento di attività e incarichi extra-istituzionali;

-          Disciplina sul conferimento di incarichi dirigenziali in caso di particolari attività o incarichi precedenti (cd. pantouflage);

-          Disciplina per lo svolgimento di attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro;

-          Disciplina per la formazioni di commissioni, assegnazioni agli uffici, conferimento di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti contro P.A.;

-          Sistemi di tutela del dipendente che effettua segnalazioni di illecito (cd. whistleblower);

-          Formazione del personale;

-          Patti di integrità;

-          Azioni di sensibilizzazione e rapporto con la società civile;

-          Provvedimenti disciplinari.

Le attività con valori di rischio maggiori, devono essere prioritariamente oggetto delle suddette misure.

 

 

7.1 Codice di comportamento

 

Ai sensi dell’articolo 54 del D.Lgs. n. 165 del 2001, come modificato dall’articolo 1, comma 44, della L. 190 del 2012, le amministrazioni devono adottare un codice di comportamento al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico.

La misura in oggetto si sostanzia nella stesura e nell’adozione di un codice di comportamento che indica i principi a cui i dipendenti ed i collaboratori a vario titolo del Comune devono ispirarsi nello svolgimento della propria attività quotidiana.

Il Codice di Comportamento è stato adottato con deliberazione n. n. 58 del 16.12.2013.

Considerata la ratio della misura, ossia quella di uniformare i comportamenti verso standard di eticità ed integrità, essa, al pari della trasparenza, è trasversale a tutta l’organizzazione ed è ritenuta applicabile alla totalità dei processi mappati.

 

7.2 Rotazione del personale

La rotazione del personale appare allo stato non attuabile presso il Comune di Vivaro Romano, atteso l’esiguo numero di dipendenti e l’infungibilità delle figure professionali presenti all’interno dell’Ente.

In particolare, è presente una sola unità di personale con specifiche competenze in materia contabile. Del pari è presente un unico dipendente con specifiche competenze in materia tecnica. Altrettanto dicasi per l’Area attinente ai servizi demografici e per l’Area vigilanza.

Ci si riserva pertanto di procedere alla progettazione esecutiva di tale misura, mediante aggiornamento del presente Piano, all’esito del processo di gestione associata delle funzioni fondamentali che consentirà all’Ente di disporre di un più elevato numero di professionalità tra le quali potrà concretamente attuarsi la misura di cui trattasi.

 

7.3 Obbligo di astensione in casi di conflitto di interessi

L’articolo 6 bis della legge 241 del 1990, introdotto dall’articolo 1, comma 41, della legge 241 del 1990, prevede che: “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

La presente misura si applica in particolare per i responsabili dei procedimenti amministrativi e per i titolari degli uffici competenti nell’adozione di pareri, di valutazioni tecniche, nella redazione degli atti endoprocedimentali o nell’adozione del provvedimento finale.

Al riguardo si segnala che è stato elaborato dal RPCT il modello “Astensione in caso di conflitto di interessi”, che i dipendenti saranno tenuti a sottoscrivere al ricorrere delle condizioni di conflitto di interessi.

 

7.4 Svolgimento di incarichi d’ufficio – attività ed incarichi extra istituzionali

La presente misura mira a disciplinare il conferimento di incarichi istituzionali ed extra istituzionali in capo ad un medesimo soggetto, sia esso dirigente o funzionario.

La misura si rende necessaria al fine di evitare che l’eccessiva concentrazione di potere su un unico centro decisionale indirizzi l’attività amministrativa verso fini privati o impropri.

Il Comune di Vivaro Romano non ha ancora adottato il Regolamento per la disciplina di incompatibilità cumulo di impieghi e incarichi al personale dipendente.

 

7.5 Inconferibilità ed incompatibilità

Tale misura è prevista come obbligatoria dal  D.Lgs n. 39 del 2013, il quale ha individuato sia delle ipotesi di inconferibilità degli incarichi dirigenziali sia delle ipotesi di incompatibilità dei medesimi incarichi.

Fasi per l’attuazione

Tempi di realizzazione

Ufficio responsabile

Indicatori di monitoraggio

Predisposizione di un atto interno (circolare) con cui vengono richiamate le cause di inconferibilità ed incompatibilità previste dalla normativa vigente nonché individuate le modalità con le quali l’interessato deve rendere la dichiarazione in ordine alla insussistenza delle cause suddette

Già attuata al 31.12.2015

Responsabile della prevenzione della corruzione

Predisposizione documento

Effettuazione di controlli interni (anche su base campionaria) relativamente alla veridicità delle dichiarazioni rese dagli interessati in merito alla insussistenza di cause di inconferibilità, con particolare riferimento ai casi di condanna per reati contro la P.A.

Entro il 30 novembre di ogni anno

Responsabile della prevenzione della corruzione

Numero controlli effettuati

Monitoraggio sulla efficace attuazione della misura di prevenzione

Entro il 15 dicembre di ogni anno

Responsabile della prevenzione della corruzione

Redazione relazione monitoraggio

 

 

7.6 Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (pantouflage o revolving doors)

La legge 190/2012 ha introdotto, con il comma 16 ter dell’articolo 53 del D.Lgs. n. 165/2001, il divieto per i dipendenti pubblici, che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto della PA, di avere rapporti di lavoro autonomo o subordinato con i soggetti privati che sono stati destinatari di provvedimenti amministrativi, contratti o accordi, rispetto ai quali i medesimi dipendenti hanno avuto il potere di incidere in maniera determinante, in virtù della posizione ricoperta all’interno dell’amministrazione.

La norma si riferisce pertanto ai soli dipendenti che hanno esercitato la potestà amministrativa o il potere negoziale nei confronti del soggetto privato, in qualità di dirigenti ovvero di funzionari titolari di funzioni dirigenziali o di responsabili di procedimento nei casi previsti dai commi 8 e 11 dell’articolo 125 D.Lgs. n. 163/2006.

Il rischio che il legislatore ha inteso scongiurare è che, durante il periodo di servizio, il dipendente, sfruttando la sua posizione e i suoi poteri all’interno dell’amministrazione, possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose presso il soggetto privato con cui entrerà in contatto in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro con la P.A..

Al riguardo, si segnala che è stato redatto dal RPCT il modello “Pantouflage”, che le imprese appaltatrici sono tenute a sottoscrivere ed allegare alla documentazione di gara, e che sarà oggetto di verifica in occasione dell’attività del Controllo successivo di regolarità amministrativa.

 

7.7 Formazione di commissioni, assegnazione agli uffici, conferimento di incarichi in caso di condanna penale per delitti contro la PA

L’articolo 35 bis del D.Lgs. 165 del 2001, introdotto dall’articolo 1, comma 46, della L. 190 del 2012, prevede che:

Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:

non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi;

non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

Inoltre, il D.Lgs. n. 39 del 2013 prevede una specifica causa di inconferibilità di incarichi dirigenziali ed assimilati nell’ipotesi di condanna, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale.

Al riguardo, si segnala che è stato redatto dal RPCT il modello “Inconferibilità incarichi”, che le imprese appaltatrici sono tenute a sottoscrivere ed allegare alla documentazione di gara, che sarà oggetto di verifica in occasione dell’attività del Controllo successivo di regolarità amministrativa.

 

7.8 Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (cd. whisteblower)

Il P.N.A. include tra le misure obbligatorie anche la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, misura prevista dall’articolo 54 bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, introdotto dall’articolo 1, comma 51, della L. 190 del 2012.

Al riguardo, si segnala che è stato redatto dal RPCT il modello “Whisteblower”, che i dipendenti che ritengono di dover segnalare condotte non conformi, sono tenuti a compilare ed inviare all’indirizzo PEC del RPC.

 

7.9 Formazione del personale

La formazione è tra le misure obbligatorie più rilevanti in quanto consente a tutto il personale dipendente, e quindi non solo ai soggetti investiti di una specifica responsabilità, di imparare a prevenire o ad evitare il manifestarsi di fenomeni di corruzione anche nel quotidiano svolgersi dell’attività amministrativa.

 

Fasi per l’attuazione

Tempi di realizzazione

Ufficio responsabile

Indicatori di monitoraggio

Erogazione dell’attività di formazione

Entro il 31 dicembre di ogni anno

RPCT

Ufficio personale

Nr. di iniziative realizzate

Monitoraggio sull’efficacia della formazione

Entro il 15 dicembre di ogni anno

Responsabile della prevenzione della corruzione

Redazione relazione monitoraggio

 

 

7.10 Predisposizione di protocolli di legalità per gli affidamenti

I patti d'integrità ed i protocolli di legalità sono un complesso di condizioni la cui accettazione viene configurata dall’ente, in qualità di stazione appaltante, come presupposto necessario e condizionante la partecipazione dei concorrenti ad una gara di appalto.

Il patto di integrità è un documento che la stazione appaltante richiede ai partecipanti alle gare.

Permette un controllo reciproco e sanzioni per il caso in cui qualcuno dei partecipanti cerchi di eluderlo.

Si tratta quindi di un complesso di regole di comportamento finalizzate alla prevenzione del fenomeno corruttivo e volte a valorizzare comportamenti eticamente adeguati per tutti i concorrenti.

L'AVCP con determinazione 4/2012 si era pronunciata sulla legittimità di inserire clausole contrattuali che impongono obblighi in materia di contrasto delle infiltrazioni criminali negli appalti nell'ambito di protocolli di legalità/patti di integrità.

Nella determinazione 4/2012 l’AVCP precisava che "mediante l'accettazione delle clausole sancite nei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell'offerta, infatti, l'impresa concorrente accetta, in realtà, regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Cons. St., 9 settembre 2011, n. 5066)".

E’ intenzione dell’ente di elaborare patti d'integrità ed i protocolli di legalità da imporre in sede di gara ai concorrenti. 

7.11 Azioni di sensibilizzazione e rapporto con la società civile

In conformità al PNA del 2013 (pagina 52), l’ente intende pianificare ad attivare misure di sensibilizzazione della cittadinanza finalizzate alla promozione della cultura della legalità.

A questo fine, una prima azione consiste nel dare efficace comunicazione e diffusione alla strategia di prevenzione dei fenomeni corruttivi impostata e attuata mediante il presente PTCP e alle connesse misure.

Considerato che l'azione di prevenzione e contrasto della corruzione richiede un'apertura di credito e di fiducia nella relazione con cittadini, utenti e imprese, che possa nutrirsi anche di un rapporto continuo alimentato dal funzionamento di stabili canali di comunicazione, l’amministrazione dedicherà particolare attenzione alla segnalazione dall’esterno di episodi di cattiva amministrazione, conflitto di interessi, corruzione.

E’ intenzione del Comune, previa disponibilità di risorse e di mezzi, prevedere l’approvazione di un progetto di “rilevazione della qualità” percepita dai cittadini sui servizi offerti dagli uffici.

Tra gli obiettivi strategici del progetto, oltre a verificare lo stato della qualità percepita, migliorare i servizi offerti, ampliare ed integrare i servizi nei limiti delle risorse di bilancio disponibili (assai scarse invero), la finalità di raccogliere informazioni e dati utili per la stesura del PTPC, per l’attuazione di politiche di contrasto della corruzione, ovvero segnalazioni di episodi di malaffare/cattiva gestione.

7.12 Provvedimenti disciplinari

L’ufficio per i procedimenti disciplinari: svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito della propria competenza (art. 55 bis d.lgs. 165 del 2001), provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria (art. 20 D.P.R. n. 3 del 1957; art. 1, comma 3, l. n. 20 del 1994; art. 331 c.p.p.), propone l’aggiornamento del Codice di comportamento ed irroga provvedimenti disciplinare in base alla gravità dell’infrazione (i provvedimenti disciplinari vanno dal rimprovero verbale al licenziamento del dipendente come previsto dalla legge 16572001 e dal CCNL).

Il comune di Vivaro Romano si impegna ad attuare le disposizioni di cui sopra con una adeguata regolamentazione

 

8. MISURE ULTERIORI

Non sono state individuate misure ulteriori, per le quali ci si riserva di approntarle nel corso dell’anno qualora si ravvisi l’esigenza.

Vigono, comunque i seguenti obblighi:

Obblighi di informazione nei confronti del responsabile anticorruzione

Il comma 9, lettera c) dell’articolo 1 della legge 190/2012, impone, attraverso il PTPC, la previsione di obblighi di informazione nei confronti del responsabile anticorruzione che vigila sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.

Gli obblighi informativi ricadono su tutti i soggetti coinvolti, già nella fase di elaborazione del PTPC e, poi, nelle fasi di verifica e attuazione delle misure adottate.

È imprescindibile, dunque, un forte coinvolgimento dell’intera struttura in tutte le fasi di predisposizione e di attuazione delle misure anticorruzione.

Il PNA 2016 sottolinea che l’articolo 8 del DPR 62/2013 impone un “dovere di collaborazione” dei dipendenti nei confronti del responsabile anticorruzione, la cui violazione è sanzionabile disciplinarmente. Dalle modifiche apportate dal decreto legislativo 97/2016 emerge chiaramente che il responsabile deve avere la possibilità di incidere effettivamente all’interno dell’amministrazione e che alle sue responsabilità si affiancano quelle dei soggetti che, in base al PTPCT, sono responsabili dell’attuazione delle misure di prevenzione.

In relazione alla mappatura e gestione dei rischi, con la relazione finale sui risultati conseguiti o con altra relazione (report) trasmessa al RPCT entro il 10 dicembre di ogni anno i responsabili dovranno comunicare al RPCT l’effettiva realizzazione o meno delle misure – azioni previste nelle schede della gestione del rischio in riferimento ai rispettivi indicatori di risultato. I report sull’attuazione delle varie misure del piano costituiranno base informativa per la relazione annuale del RPCT.

 

La vigilanza ed il monitoraggio sull’attuazione del P.T.P.C.T.

Il responsabile della prevenzione provvede “alla verifica dell’efficace attuazione del piano” ( art.1, comma 10, lett. a) della legge 190/2012). In caso di ripetute violazioni delle misure di  prevenzione previste dal Piano, il responsabile PCT  risponde ai sensi dell'articolo 21 del  decreto legislativo 30  arzo  2001,  n.  165, e  successive  modificazioni, nonché, per omesso controllo,  sul  piano  disciplinare,  salvo  che provi di avere comunicato agli uffici le  misure  da  adottare  e  le relative m parte  dei  dipendenti  dell'amministrazione,  delle misure  di  prevenzione  previste  dal  Piano  costituisce   illecito disciplinare.

In caso di commissione, all’interno dell’Amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile risponde a titolo di responsabilità dirigenziale, disciplinare e per danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che non dimostri di aver predisposto un Piano di prevenzione nel rispetto del contenuto minimo previsto dalla legge nonché “ di aver vigilato sulfunzionamento e sull’osservanza del piano” ( art. 1, comma 12 lett. b) L. 190/2012.

Viene rafforzato il ruolo dell’OIV che, con riguardo agli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, dal Piano della trasparenza e dal presente PTPC, è tenuto ad effettuare periodiche verifiche, trasmettendo i referti al RPC.

Sulla scorta del contenuto dei report di attuazione delle misure del piano il responsabile della prevenzione attiva i propri poteri di accesso, ispezione, controllo e direttiva.

I risultati dell’attività svolta vengono illustrati nella relazione annuale prevista dall’art. 1, comma 14 della legge 190/2012, che va redatta dal RPCTentro il 15 dicembre, secondo il modello predisposto dall’ANAC ed è pubblicata sul sito istituzionale dell’ente, nell’apposita sotto-sezione “Altri contenuti”  della sezione “Amministrazione trasparente”.

 

Il sistema dei controlli interni

Il sistema dei controlli interni, che l’ente deve approntare in attuazione del D.L. 10.10.2012 n. 174 "Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012", poi convertito in Legge 213 del 7 dicembre 2012, attualmente disciplinato dal regolamento approvato con deliberazione consiliare 2 del 28.01.2013, costituisce il naturale strumento di supporto per la verifica del funzionamento della strategia di prevenzione della corruzione.

Nel contesto di tale sistema riveste particolare importanza il controllo successivo di regolarità amministrativa, affidato dalla legge al segretario comunale, il quale è finalizzato a rilevare la sussistenza dei presupposti di legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa. La legge intesta al segretario comunale, nell’ambito dell’esercizio della funzione di controllo, il potere di trasmettere ai responsabili dei servizi periodicamente “direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità”.

Pertanto, il controllo successivo di regolarità amministrativa costituisce la sede e lo strumento per una continua ed efficace verifica del rispetto del Piano anticorruzione, contribuendo nel contempo a creare e diffondere all’interno dell’ente “buone prassi” cui riferirsi nell’attività operativa.

In particolare attraverso le verifiche a campione previste per il controllo successivo di regolarità amministrativa, è possibile verificare che negli atti venga esplicitato l’intero flusso decisionale che ha condotto all’adozione dei provvedimenti conclusivi. Questi infatti devono riportare in narrativa a descrizione de procedimento svolto, richiamando tutti gli atti prodotti, anche interni, per addivenire alla decisione finale. In tal modo chiunque abbia interesse potrà ricostruire l’intero procedimento amministrativo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte III

Trasparenza

L’articolo 1 del d.lgs. 33/2013, novellato dal D.Lgs. 97/2016 ridefinisce la trasparenza come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni non più solo finalizzata a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, ma soprattutto, e con una modifica assai significativa, come strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa.

L’intento del legislatore è ancor più valorizzato in considerazione di quanto già previsto nel co. 2 dell’art. 1 del decreto trasparenza secondo cui la trasparenza è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, e integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino. La trasparenza diviene, quindi, principio cardine e fondamentale dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e dei loro rapporti con i cittadini.

Secondo l’ANAC “la trasparenza è una misura di estremo rilievo e fondamentale per la prevenzione della corruzione”. Nel PNA 2016, l’Autorità ricorda che la definizione delle misure organizzative per l’attuazione effettiva degli obblighi di trasparenza sia parte irrinunciabile del PTPC. In conseguenza della cancellazione del programma triennale per la trasparenza e l’integrità, ad opera del decreto legislativo 97/2016, l’individuazione delle modalità di attuazione della trasparenza sarà parte integrante del PTPC in una “apposita sezione” che dovrà contenere le soluzioni organizzative per assicurare l’adempimento degli obblighi di pubblicazione di dati ed informazioni, nonché la designazione di responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei dati.

Considerata la ratio della misura che è quella di garantire il controllo sociale della comunità sull’attività amministrativa, essa è trasversale a tutta l’organizzazione ed è ritenuta applicabile alla totalità dei processi mappati.

E’ la libertà di accessibilità totale che viene assicurata, seppur nel rispetto “dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”, attraverso:

l’istituto dell'accesso civico, estremamente potenziato rispetto alla prima versione del D.Lgs. 33/2013;

la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni.

Come già sancito nel paragrafo n. 2 del presente piano è obiettivo strategico di questa Amministrazione:

 valorizzare le misure di trasparenza, integrando il Piano della trasparenza ed integrità in quello di prevenzione della corruzione, puntando sull’automazione dei processi di pubblicazione e sull’individuazione di specifici obiettivi di performance connessi all’assolvimento e tempestività di specifici obblighi di pubblicazione e attuare l’istituto dell’accesso civico.

 

L’accesso civico

A norma dell’ art. 5 del D. Lgs. N. 33/2013 si distinguono due diversi tipi di accesso civico.

l’accesso civico in senso proprio, disciplinato dall’art.5 comma 1 D.Lgs.33/2013, che riguarda l’accessibilità ai documenti soggetti a pubblicazione obbligatoria in virtù di legge o di regolamento o la cui efficacia legale dipende dalla pubblicazione. Tali documenti possono essere richiesti da chiunque nel caso ne sia stata omessa la pubblicazione;

l’accesso civico generalizzato, disciplinato dall’art.5 comma 2, per cui “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis”.

Il comma 2, dello stesso articolo 5, potenzia enormemente l’istituto estendendolo ad ogni altro dato e documento (“ulteriore”) rispetto a quelli da pubblicare in “amministrazione trasparente”.

Alle forme di accesso sopra descritte continua ad affiancarsi, essendo sorretto da motivazioni e scopi diversi, il diritto di accesso di cui alla L.241/90, come disciplinato dalla stessa legge.

Ambedue le forme di accesso civico non sono sottoposte a nessuna limitazione relativa alla legittimazione soggettiva del richiedente, né ad alcun obbligo di specifica motivazione. In ogni caso l’istanza di accesso deve identificare i dati, le informazioni o i documenti richiesti o, quantomeno, gli elementi che li rendano facilmente identificabili; non sono pertanto ammesse richieste a carattere esplorativo o generiche, né sono ammissibili richieste per un numero manifestamente irragionevole di documenti, tali da comportare carichi di lavoro che compromettano il buon funzionamento dell’amministrazione. Inoltre l’amministrazione non è tenuta all’obbligo di rielaborazione dei dati ai fini dell’accesso, ma solo a consentire l’accesso ai documenti nei quali siano contenute le informazioni già detenute o gestite dall’amministrazione.

Il rilascio di dati o documenti, in formato elettronico o cartaceo, in esecuzione dell’accesso civico è gratuito, fatto salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione “per la riproduzione su supporti materiali”.

L'istanza può essere trasmessa anche per via telematica ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:

1. all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;

2. all’ufficio relazioni con il pubblico;

3. ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”.

Qualora la domanda abbia ad oggetto dati, informazioni o documenti da pubblicare obbligatoriamente, è indirizzata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

L’istanza va presentata al Responsabile per la prevenzione della corruzione e la trasparenza (RPCT), il quale è tenuto a concludere il procedimento di accesso civico con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni. Sussistendone i presupposti, il RPCT avrà cura di pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l'avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale. Nonostante la norma non menzioni più il possibile ricorso al titolare del potere sostitutivo, da una lettura sistematica delle norme, l’Autorità ritiene possa applicarsi l’istituto generale previsto dall’art. 2, co. 9-bis, della l. 241/90.

Pertanto, in caso di ritardo o mancata risposta o diniego da parte del RPCT il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo che conclude il procedimento di accesso civico come sopra specificato, entro i termini di cui all’art. 2, co. 9-ter della l. 241/1990.

A fronte dell’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, ai fini della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

La pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni

Ai fini della piena accessibilità delle informazioni pubblicate, sulla home page del sito istituzionale è collocata un’apposita sezione immediatamente e chiaramente visibile denominata “Amministrazione Trasparente”, strutturata secondo l’allegato “A” al D.Lgs.33/2013, al cui interno sono contenuti i dati, le informazioni e i documenti soggetti all’obbligo di pubblicazione.

Caratteristica essenziale della sezione della trasparenza è l’indicazione dei nominativi dei soggetti responsabili della trasmissione dei dati, intesi quali uffici tenuti alla individuazione e/o alla elaborazione dei dati, e di quelli cui spetta la pubblicazione. Nello schema (allegato n. 1\), per ciascun obbligo, è espressamente indicato il nominativo del soggetto e dell’ufficio responsabile di ognuna delle citate attività.

In ragione delle piccole dimensioni dell’Ente, come suggerito dalla stessa Anac, il soggetto che detiene il dato o informazione sia anche quello che lo elabora e lo pubblica direttamente nella sezione “Amministrazione trasparente”.

La responsabilità per la pubblicazione dei dati obbligatori  è dei Responsabili di Area/Settore in relazione alla propria specifica competenza così come specificato nell’allegato 1.

La normativa impone scadenze temporali diverse per l’aggiornamento delle diverse tipologie di informazioni e documenti.

L’aggiornamento delle pagine web di “Amministrazione trasparente” può avvenire “tempestivamente”, oppure su base annuale, trimestrale o semestrale.

L’aggiornamento di numerosi dati deve essere “tempestivo”. Il legislatore non ha però specificato il concetto di tempestività, concetto relativo che può dar luogo a comportamenti anche molto difformi. Pertanto, al fine di “rendere oggettivo” il concetto di tempestività, tutelando operatori, cittadini e amministrazione, si definisce quanto segue:

data l’esigua struttura operativa dell’Ente, è tempestiva la pubblicazione di dati, informazioni e documenti quando effettuata entro n. 30 giorni dalla disponibilità definitiva dei dati, informazioni e documenti.

L’Ente è tenuto ad assicurare la qualità delle informazioni riportate nel sito istituzionale. L’Anac ha ribadito nelle recenti Linee Guida l’importanza di osservare i criteri di qualità delle informazioni pubblicate sui siti istituzionali ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 33/2013: integrità, costante aggiornamento, completezza, tempestività, semplicità di consultazione, comprensibilità, omogeneità, facile accessibilità, conformità ai documenti originali, indicazione della provenienza e riutilizzabilità. Aderendo al suggerimento fornito dall’Anac nello stesso documento sopracitato ai fini di innalzare la qualità e la semplicità di consultazione dei dati, la pubblicazione avviene ove possibile attraverso l’ esposizione in tabelle aumentando così il livello di comprensibilità e di semplicità di consultazione dei dati, assicurando agli utenti della sezione “Amministrazione trasparente” la possibilità di reperire informazioni chiare e immediatamente fruibili.

Le pagine e i contenuti della sezione Amministrazione Trasparente sono tenuti costantemente aggiornati, nel rispetto delle norme di riferimento. Le pagine riportano la data dell’ultima modifica, i documenti la data di produzione. Al fine di garantire una chiara indicazione della data di aggiornamento dei documenti, ciascun Responsabile dovrà aver cura di indicare all’interno del documento inviato per la pubblicazione la data di ultimo aggiornamento del documento trasmesso.

Ai sensi dell’art. 8 del d.lgs 33/2013 i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1 gennaio dell’anno successivo a quello da cui decorre l’obbligo e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali e quanto previsto da specifiche disposizioni di legge (es. art. 14, comma 2 e 15, comma 4 d.lgs 33/2013).

Allo scadere del termine di durata dell’obbligo di pubblicazione i documenti saranno organizzati all’interno di distinte sezioni di archivio.

Il RPCT monitora almeno semestralmente l’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente da parte dei Responsabili e, in caso di omessa pubblicazione nei termini stabiliti dallo stesso Responsabile, attiva i conseguenti procedimenti, nei casi più gravi anche di carattere disciplinare, ed informa il Nucleo di Valutazione.

In caso di mancata pubblicazione dei dati, documenti ed informazione da parte dei Responsabili, trovano applicazione le misure previste dall’art 46 del D.Lgs. 33/2013.

L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione ed è comunque valutato ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale e organizzativa dei responsabili.

Per quanto concerne l’applicazione delle sanzioni di cui all’art.47 commi 1 e 2 del D.Lgs.33/2013, si applicano le procedure previste dal Regolamento ANAC del 16/11/2016 recante “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio ai sensi dell’art.47 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n.97”

La tabella che segue sintetizza le fasi, i tempi di attuazione, le responsabilità e gli indicatori di monitoraggio di tale misura.

 

Fasi per l’attuazione

Tempi di realizzazione

Ufficio responsabile

Indicatori di monitoraggio

Produzione, comunicazione e pubblicazione dei dati e delle informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria nella sezione amministrazione trasparente

 

In relazione alla periodicità dell’aggiornamento fissato dalle norme, sono stabiliti i termini entro i quali prevedere l’effettiva pubblicazione di ciascun dato in 30 giorni dalla disponibilità del dato da parte dell’ufficio.

Responsabili di Area in relazione alla propria specifica competenza così come specificato nell’allegato

 

 

Presenza dei dati previsti nelle sezioni specifiche in amministrazione trasparente

 

Informatizzazione del flusso per alimentare la pubblicazione dei dati nella sezione amministrazione trasparente

In corso di attuazione

Responsabili di Area in relazione alla propria specifica competenza così come specificato nell’allegato

Informatizzazione del flusso per alimentare la pubblicazione dei dati nella sezione amministrazione trasparente

Pubblicazione dei Regolamenti interni in vigore presso l’Ente

Entro il 31.12.2017

Responsabili di Area in relazione alla propria specifica competenza così come specificato nell’allegato

Pubblicazione dei Regolamenti interni in vigore presso l’Ente

Monitoraggio periodico sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione

A campione a cadenza almeno semestrale

Responsabile trasparenza

Presenza dei dati previsti nelle sezioni specifiche in amministrazione trasparente

Aggiornamento della sezione “Accesso Civico”

In corso di attuazione

Responsabile trasparenza

Responsabile Area amministrativa

- sezione dedicata alla disciplina dell’accesso documentale, accesso civico semplice, accesso civico generalizzato attraverso pubblicazione di moduli di presentazione istanze ad hoc

- Pubblicazione, nella sezione“Amministrazione trasparente”, sottosezione “Altri contenuti”/“Accesso civico” gli indirizzi di posta elettronica cui inoltrare le richieste di accesso civico e di attivazione del potere sostitutivo.

Creazione di un Registro dell’Accesso Civico

In corso di attuazione.

Una volta attuato aggiornamento semestrale

Responsabile del settore Amministrativo

Registro contenente l’elenco delle richieste con l’oggetto e la data e il relativo esito con la data della decisione ed è pubblicato, oscurando i dati personali eventualmente presenti

 

Per assicurare che la trasparenza sia sostanziale ed effettiva non è sufficiente provvedere alla pubblicazione di tutti gli atti ed i provvedimenti previsti dalla normativa, occorre semplificarne il linguaggio, rimodulandolo in funzione della trasparenza e della piena comprensibilità del contenuto dei documenti da parte di chiunque e non solo degli addetti ai lavori.

E’ necessario utilizzare un linguaggio semplice, elementare, evitando per quanto possibile espressioni burocratiche, abbreviazioni e tecnicismi dando applicazione alle direttive emanate dal Dipartimento della Funzione Pubblica negli anni 2002 e 2005 in tema di semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni.

Il sito web dell’ente è il mezzo primario di comunicazione, il più accessibile ed il meno oneroso, attraverso il quale l’amministrazione garantisce un’informazione trasparente ed esauriente circa il suo operato, promuove nuove relazioni con i cittadini, le imprese le altre PA, pubblicizza e consente l’accesso ai propri servizi, consolida la propria immagine istituzionale. 

Ai fini dell’applicazione dei principi di trasparenza e integrità, l’ente ha da tempo realizzato un sito internet istituzionale costantemente aggiornato. 

La legge 69/2009 riconosce l’effetto di “pubblicità legale” soltanto alle pubblicazioni effettuate sui siti informatici delle PA.

L’articolo 32 della suddetta legge dispone che “a far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati”.

L’amministrazione ha adempiuto al dettato normativo, atteso che l’albo pretorio è esclusivamente informatico. Il relativo link è ben indicato nella home page del sito istituzionale.

Come deliberato dall’Autorità nazionale anticorruzione (legge 190/2012), per gli atti soggetti a pubblicità legale all’albo pretorio on line, nei casi in cui tali atti rientrino nelle categorie per le quali l’obbligo è previsto dalle legge, rimane invariato anche l’obbligo di pubblicazione in altre sezioni del sito istituzionale, nonché nell’apposita sezione “trasparenza, valutazione e merito” (oggi “amministrazione trasparente”).

L’ente è munito di posta elettronica ordinaria e certificata.

Sul sito web, nella home page, è riportato l’indirizzo PEC istituzionale. Nelle sezioni dedicate alle ripartizioni organizzative sono indicati gli indirizzi di posta elettronica ordinaria di ciascun ufficio, nonché gli altri consueti recapiti (telefono, fax, ecc.).

L’Allegato numero 1, della deliberazione ANAC 28 dicembre 2016 numero 1310, integrando i contenuti della scheda allegata al decreto legislativo 33/2013, ha rinnovato la disciplina la struttura delle informazioni da pubblicarsi sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni adeguandola alle novità introdotte dal decreto legislativo 97/2016. 

Come noto, il legislatore ha organizzato in sotto-sezioni di primo e di secondo livello le informazioni, i documenti ed i dati da pubblicare obbligatoriamente nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito web.

Oggi le sotto-sezioni devono essere denominate esattamente come indicato dalla deliberazione ANAC 1310/2016.

Le tabelle riportate nell’allegato 1, ripropongono fedelmente i contenuti, assai puntuali e dettagliati, quindi più che esaustivi, dell’Allegato numero 1 della deliberazione ANAC 28 dicembre 2016 numero 1310.

Rispetto alla deliberazione 1310/2016, le tabelle di questo piano sono composte da sette colonne, anziché sei.

Infatti, è stata aggiunta la “colonna G” (a destra) per poter indicare, in modo chiaro, l’ufficio responsabile delle pubblicazioni previste nelle altre colonne. 

Le tabelle sono composte da sette colonne, che recano i dati seguenti:

Colonna A: denominazione delle sotto-sezioni di primo livello;

Colonna B: denominazione delle sotto-sezioni di secondo livello;

Colonna C: disposizioni normative, aggiornate al d.lgs. 97/2016, che impongono la pubblicazione; 

Colonna D: denominazione del singolo obbligo di pubblicazione;

Colonna E: contenuti dell’obbligo (documenti, dati e informazioni da pubblicare in ciascuna sotto-sezione secondo le linee guida di ANAC);

Colonna F: periodicità di aggiornamento delle pubblicazioni;

Colonna G: ufficio responsabile della pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti previsti nella colonna E secondo la periodicità prevista in colonna F.

Nota ai dati della Colonna F:

la normativa impone scadenze temporali diverse per l’aggiornamento delle diverse tipologie di informazioni e documenti.

L’aggiornamento delle pagine web di “Amministrazione trasparente” può avvenire “tempestivamente”, oppure su base annuale, trimestrale o semestrale.

L’aggiornamento di numerosi dati deve essere “tempestivo”. Il legislatore non ha però specificato il concetto di tempestività, concetto relativo che può dar luogo a comportamenti anche molto difformi.

Pertanto, al fine di “rendere oggettivo” il concetto di tempestività, tutelando operatori, cittadini e amministrazione, si definisce quanto segue:

è tempestiva la pubblicazione di dati, informazioni e documenti quando effettuata entro n. 30 giorni dalla disponibilità definitiva dei dati, informazioni e documenti.

Nota ai dati della Colonna G:

L’articolo 43 comma 3 del decreto legislativo 33/2013 prevede che “i dirigenti responsabili degli uffici dell’amministrazione garantiscano il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge”.

I dirigenti responsabili della trasmissione dei dati sono individuati nei Responsabili dei settori/uffici indicati nella colonna G.

I dirigenti responsabili della pubblicazione e dell’aggiornamento dei dati sono individuati nei Responsabili dei settori/uffici indicati nella colonna G.

I referenti per la trasparenza, che coadiuvano il Responsabile anticorruzione nello svolgimento delle attività previste dal decreto legislativo 33/2013, sono gli stessi Responsabili dei settori/uffici indicati nella colonna G.

Data l’esiguità della struttura amministrativa dell’Ente, ogni Ufficio è responsabile dell’aggiornamento sezione “amministrazione trasparente” in funzione dell’elenco da pubblicare (indicati nella Colonna G).

Il Responsabile anticorruzione e per la trasparenza sovrintende e verifica la tempestiva pubblicazione da parte dell’ufficio preposto alla gestione del sito ed assicura la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni.

L’adempimento degli obblighi di trasparenza e pubblicazione previsti dal decreto legislativo 33/2013 e dal presente programma, sono oggetto di controllo successivo di regolarità amministrativa come normato dall’articolo 147-bis, commi 2 e 3, del TUEL.

L’ente assicura conoscibilità ed accessibilità a dati, documenti e informazioni elencati dal legislatore e precisati dall’ANAC.

Le limitate risorse dell’ente non consentono l’attivazione di strumenti di rilevazione circa “l’effettivo utilizzo dei dati” pubblicati.

Tali rilevazioni, in ogni caso, non sono di alcuna utilità per l’ente, obbligato comunque a pubblicare i documenti previsti dalla legge.   

L’accesso civico “potenziato” investe ogni documento, ogni dato ed ogni informazione delle pubbliche amministrazioni. L’accesso civico incontra quale unico limite “la tutela di interessi giuridicamente rilevanti” secondo la disciplina del nuovo articolo 5-bis.

L’accesso civico non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente: spetta a chiunque.

Del diritto all’accesso civico è stata data informazione nell’apposita sezione dell’Amministrazione Trasparente.

A norma del decreto legislativo 33/2013 in “amministrazione trasparente” sono pubblicati:

i nominativi del responsabile della trasparenza al quale presentare la richiesta d’accesso civico e del titolare del potere sostitutivo, con l’indicazione dei relativi recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale;

le modalità per l’esercizio dell’accesso civico.

 

Dati ulteriori

La pubblicazione puntuale e tempestiva dei dati e delle informazioni elencate dal legislatore è più che sufficiente per assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa di questo ente. 

Pertanto, non è prevista la pubblicazione di ulteriori informazioni.

In ogni caso, i Responsabili degli uffici indicati nella colonna G, possono pubblicare i dati e le informazioni che ritengono necessari per assicurare la migliore trasparenza sostanziale dell’azione amministrativa.

 



[1] Circolare numero 1 del 25 gennaio 2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica – Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[2] Dal sito istituzionale dell’Autorità nazionale anticorruzione.

[3] ANAC determinazione numero 12 del 28 ottobre 2015, pagina 18.